Nuovi Paesaggi Siciliani

Nuovi Paesaggi Siciliani

Il Futuro dei Territori siciliani di seconda prossimità.

Premessa: Dall’Ottobre del 2016 al Settembre del 2017 l’architetto Antonio Galeano è stato Consulente esperto a titolo gratuito dell’Assessorato Regionale ai Beni Culturali e all’Identità siciliana.
Nell’ambito di questo incarico Antonio Galeano, ha promosso un azione per la salvaguardia e la valorizzazione di alcuni aspetti del paesaggio siciliano, nell’ambito di un azione generale congiunta con gli altri Consulenti esperti assessoriali, denominata “Nuovi Scenari Siciliani”.
Le azioni promosse da Antonio Galeano hanno prodotto una proposta di Legge, da lui scritta in prima stesura, sui “Distretti culturali dei Territori di seconda prossimità in Sicilia”, e quindi un azione di indirizzo per la tutela e il recupero del patrimonio architettonico del novecento messinese.

Di seguito l’azione relativa alla Proposta di Legge.

La presente azione è formulata dall’Assessorato alla Cultura della Regione Sicilia, che ha fatto propria la proposta del gruppo dei propri esperti di nomina Assessoriale coordinato dal Dott. Franz Riccobono e formato (in ordine alfabetico) dal Dott. Luigi Montalbano, dal Dott. Giuseppe Ruggeri, dal Dott. Mario Sarica e dal Dott. Sergio Todesco, oltre che dal proponente della presente Proposta di Legge Arch. Antonio Galeano.

I caratteri del cambiamento

Per la salvaguardia dei Territori di seconda prossimità in Sicilia.

I caratteri di cambiamento del paesaggio siciliano registrano oggi, in maniera pregnante, gli effetti di una pianificazione territoriale spesso inefficace nel determinare un reale miglioramento dei luoghi oggetto dell’azione amministrativa, e al contempo la difficoltà degli organi preposti a governare le emergenze ambientali e sociali di un territorio gravato dal peso crescente di scelte inadeguate compiute  soprattutto in un recente passato.

Un passato sostanzialmente sovrapponibile all’ultimo fenomeno di urbanizzazione  realizzatosi negli anni del “miracolo economico” italiano della seconda metà del novecento, nella quale la Sicilia sembra non essere stata in grado di maturare un modello di sviluppo in grado di gestire la nuova pressione demografica sulle principali città dell’isola. Un urbanizzazione che determinerà per un verso il graduale spopolamento delle campagne, e al contempo uno “svuotamento di significato” della cultura rurale, di contro si registrerà la crescita spesso incontrollata delle periferie urbane, come della trasfigurazione dei centri storici, non immuni da interventi edificatori decontestualizzati.

Negli ultimi anni, fino alle soglie dello scorso decennio, il progresso sociale ed economico delle

città è stato inteso quale sinonimo di crescita edilizia e infrastrutturale, i processi edificatori­- innalzati fino alle soglie della sostenibilità socio-ambientale, e quindi oltre la stessa, – hanno generato spesso “città deboli”, in ogni senso, prive della coscienza del limite. Limite di crescita manifestatosi quindi , superate le soglie critiche, sotto forma di disastro ambientale occasionale, latente o peggio permanente e irreversibile.

Gli effetti territoriali di queste modifiche sociali ed economiche anche profonde hanno generato spesso dei non-paesaggi, dei luoghi cioè in cui si sono smarriti o non si sono creati quei caratteri identitari in grado di generare quel genius loci tale da farci percepire lo spazio fisico anche quale luogo della memoria collettiva e non semplice contenitore di funzioni.

In Sicilia esistono ancora molti luoghi naturali e antropizzati di incomparabile bellezza, ma il paesaggio diffuso che li circonda è spesso testimonianza di degrado e abbandono, eppure gli uni quanto gli altri formano, con caratteri diversi, ma con pari dignità il Paesaggio Siciliano. Una riflessione sui caratteri del Paesaggio siciliano non può prescindere probabilmente sull’attuale stato delle cose, i non paesaggi prima considerati,  non potranno mai essere riscattati dalla bellezza di altri luoghi isolani, tutto è paesaggio.

Ogni azione amministrativa, finalizzata alla tutela, recupero e valorizzazione del Paesaggio deve essere informata prioritariamente  da indirizzi culturali in grado di orientare i successivi processi sociali ed economici,  viceversa il territorio diffuso sarà ancora vittima e non attore di azioni incontrollate e immemori della pregnanza dei luoghi.

La scala d’intervento deve sempre essere di territorio vasto, entro cui ritagliare e valorizzare le “ emergenze “ identitarie”. Gradi di lettura che non possono evidentemente limitarsi ai caratteri visibili di un paesaggio ma devono attivare tratti della cultura materiale come da quella immateriale, come anche dal recupero di quella memoria dei luoghi, fatta di persone, di cose e di fatti oggi dimenticati o in via di estinzione. Un processo di amnesia collettiva a cui sottrarsi attraverso quella cultura in grado di ri-diventare “coscienza dei luoghi”.

Relazione allegata alla Proposta di Legge per la formazione dei Distretti culturali dei Territori di seconda prossimità in Sicilia

Le categorie mentali, prima che culturali, con le quali dagli inizi dei grandi processi di urbanizzazione si sono distinte “città” e “campagna” ogni non reggono più neanche come categorie generali a fronte della crescente complessità necessaria, per leggere in maniera consapevole la frammentazione del territorio, in cui la città non può che essere distinta, quantomeno, in centro e periferia, e la campagna in area produttiva, dismessa e naturale; all’interno di queste, ancora, macro categorie si frammentano dei sotto-paesaggi la cui specificità è stata spesso ignorata o forse mai codificata dalla società che li abita, quanto dagli strumenti di pianificazione che dovrebbero gestire e orientare le istanze del cambiamento.

Dai recenti anni sessanta lo sviluppo urbano si è sempre proteso ad una metropolizzazione delle città storiche italiane, la cui espansione ha spesso generato in forme frenetica nuovi agglomerati edificati incapacitati a diventare tessuto urbano. Spesso questa crescita poco o per nulla controllata si è sovrapposta alle campagne suburbane, i cui precisi e talvolta stratificati nel tempo caratteri identitari sono stati cancellati o stravolti.

I villaggi di corona urbana, soprattutto dalla seconda metà ottocento, sono mutati da borghi satelliti a parte poco o per nulla differenziata di periferie sterminate, che senza soluzione di continuità non si sono poste come cerniera fra centri storici e campagne limitrofe alla città. Ma come semplici tessuti metropolitani sfrangiati. In questi territori di mezzo sopravvivono spesso micro centri storicizzati da lunga data e villaggi di antica o antichissima data, che dove lontani però dagli assi primari di comunicazione hanno smesso di esercitare ogni polarità urbana, e rischiano oggi, per il crescente decremento demografico, di diventare borghi fantasma magari alle porte di una città “ urbanisticamente evoluta”.

Il già citato spopolamento delle campagne in corrispondenza delle crescita urbana degli anni sessanta ha di contro comportato oltre che un decremento demografico una sostanziale depressione economica localizzata in anche vaste aree de-ruralizzate con conseguente ulteriore aggravamento di crisi socio-economica e ulteriore fuga di popolazione verso territori anche limitrofi più attrattivi.

Questa emigrazione atipica si è compiuta, alle volte anche all’interno degli stessi comuni, o comunque in territori di estensione limitata, e ha comportato una trasmigrazione di interi nuclei  familiari in genere da aree collinari o comunque periferiche rispetto alle reti di comunicazione veloce verso aree a maggiore attrattività, quest’ultima rappresentata spesso , almeno nelle fase iniziali da semplice accesso alle reti autostradali o di trasporto veloci. La prossimità quindi alle reti viarie primarie e quindi ai servizi in genere ha creato nuove  trasversali, e forse più preganti gerarchie territoriali fra i territori di prima prossimità, come già considerato, e di seconda prossimità, quest’ultimi diventati in pochi decenni aree periferiche rispetto al divenire di nuove centralità urbane o micro urbane per come sopra considerato.

I territori di seconda prossimità, per come teorizzato in forma sintetica sono ancora parti integranti e fondamentali del nostro territorio e della nostra storia, molte di queste aree ospitano da millenni borghi e realtà rurali “di fondazione”, sono stati parte preganti della nostra storia alle volte dalla preistoria all’epoca contemporanea , ma rischiamo oggi una più o meno lenta quanto inesorabile estinzione demografica, a seguito del quale seguirà un graduale processo di amnesia collettiva di parte insopprimibile della nostra identità territoriale.

Leggere le istanze di questo cambiamento profondo richiedono con drammatica urgenza l’attuazione di nuovi modelli di rigenerazione territoriale, e quindi culturali ancor prima che nuove strategie socio-economiche. Ad oggi un tema ineludibile e non più rimandabile se non si vuole accettare la necrosi irreversibile di intere porzioni del nostro territorio.

Messina 13 Giugno 2016

Antonio Galeano

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Testo di Legge – I Territori di seconda prossimita Tsp

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